Ruderi in Italia: Cosa Sta Succedendo Nel Nostro Paese!

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Arriva un allarme da parte di Confedilizia, sulla base dei dati elaborati dall’Agenzia delle Entrate, su alcune questioni che riguardano il patrimonio immobiliare italiano.

Infatti risulta che è aumentato il numero delle cosiddette unità collabenti.

Si tratta di costruzioni che sono ridotte a ruderi per una condizione di estremo degrado.

La causa di tutto ciò è da rintracciare nell’IMU e nei rincari che spesso le famiglie italiane non riescono a sostenere.

Ma vediamo di saperne di più su questo specifico argomento, delineando dei numeri ben precisi.

Quante sono le unità collabenti in Italia

Possiamo fare già una differenza fra i dati che riguardano il 2020 e il 2021.

Infatti il numero degli immobili ridotti a rudere fra il 2020 e il 2021 è aumentato del 3,3%.

Questi immobili, inquadrati nella categoria catastale F2, si contraddistinguono per l’assenza di autonomia dal punto di vista funzionale e per l’incapacità di generare un reddito.

Infatti i proprietari non possono utilizzarli e nemmeno darli in affitto.

L’elemento che appare più importante è il fatto che per questa categoria di immobili non è obbligatorio pagare l’IMU.

Ecco perché molti proprietari preferiscono lasciare queste abitazioni allo stato di ruderi piuttosto che pagare l’imposta.

È stato calcolato che, a causa di diversi fattori, in circa 10 anni il numero dei ruderi in Italia è raddoppiato.

Dal 2011 al 2022 si calcola che i ruderi in Italia sono passati da circa 278.000 alla cifra di circa 594.000.

Si è avuto, quindi, un incremento del 113,61%.

Si tratta di immobili che appartengono di solito a persone fisiche e arrivano a considerarsi come ruderi perché mancano gli investimenti nella loro riqualificazione.

La mancanza di investimenti è dovuta alla volontà dei proprietari.

Per esempio spesso si procede alla rimozione del tetto, in modo da classificare queste abitazioni come categoria catastale F2 e quindi non procedere così al pagamento dell’IMU.

Che cosa propone Confedilizia come soluzione

Confedilizia ha preso atto della situazione, deducendo che l’IMU pesa molto sul costo della vita di molte famiglie.

Per questo, anche in considerazione delle elezioni che si dovrebbero tenere il 25 settembre, propone delle soluzioni da attuare.

Fra i rimedi ci sarebbero chiaramente la riduzione delle tasse sugli immobili e magari la possibilità di eliminare totalmente l’IMU.

La proposta più nello specifico sarebbe quella di togliere l’IMU, almeno come misura temporanea, per esempio per cinque anni per alcune categorie di immobili.

Questa soluzione si potrebbe applicare ai piccoli centri e ai borghi, in modo da evitare anche lo spopolamento di questi centri.

Si calcola che ci potrebbe essere l’opportunità di abolire l’IMU almeno nei Comuni fino a 3.000 abitanti.

Questa operazione non comporterebbe un costo molto elevato, perché implica la messa in gioco di soli 800 milioni di euro all’anno.

In questo modo si stimolerebbero i proprietari, come per esempio coloro che hanno una seconda casa, ad investire nella riqualificazione, perché hanno la possibilità di risparmiare sulle imposte.

Tutto ciò potrebbe essere il punto di partenza fondamentale per la rinascita di molte province, che offrirebbero molte più opportunità in termini di case nuove che potrebbero essere messe in vendita oppure date in affitto.

È da ricordare, tra l’altro, che nel giro di poco tempo dovrebbe essere imposto anche l’obbligo di efficientamento energetico stabilito da una direttiva dell’Unione Europea.

I rappresentanti di Confedilizia si augurano che i Governi possano rimediare con una politica al ribasso sulle tasse sugli immobili, per non pesare troppo sulle tasche dei nostri connazionali.

Le soluzioni, insomma, esisterebbero e passano soprattutto da una riduzione delle imposte, come per esempio l’IMU, il cui risparmio stimolerebbe nuovi investimenti per non lasciare le case allo stato di ruderi, visto che la questione si configura come un vero e proprio problema da risolvere urgentemente.

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